domenica 14 settembre 2014

David Bowie is

(English text follows)

La mostra "David Bowie is" è stata inaugurata a Londra il 23 marzo 2013, al Victoria & Albert Museum. Si tratta di una retrospettiva sulla carriera e sulla vita dell'artista dagli esordi fino ai giorni nostri.

Essendo una fervente fan di Bowie, avrei voluto visitare l'expo fin dalla sua apertura, ma non ho avuto l'occasione di andare a Londra nel periodo di esposizione (che si è concluso nell'agosto dello stesso anno).
Nella primavera di quest'anno è apparsa la notizia che "David Bowie is" sarebbe stata portata a Berlino, per rimanervi fino al 10 agosto. Grazie ad un'imprevisto posticipo della chiusura al 24 agosto, ho potuto visitarla anch'io!
Vi racconto le mie impressioni.

David Bowie is... in Berlin!


Siamo arrivati al Martin-Gropius-Bau, edificio che ospitava l'evento, in un pomeriggio di metà agosto. In coda all'ingresso potevano esserci una cinquantina di persone, per fortuna avevamo acquistato i biglietti on line. Ci hanno dotati di audio-guida e cuffiette Bose (che è, tra l'altro, uno degli sponsor della mostra) e abbiamo iniziato il percorso, che partiva dall'infanzia di David Bowie.
Le prime due stanze inquadravano la società londinese negli anni 40' e 50', ripercorrevano i primi anni dell'artista, le ispirazioni, le prime bands e la scelta del nome d'arte, insomma: il sentiero che ha portato David Robert Jones a diventare David Bowie.

Passando in un terzo ambiente, la nostra audio-guida ha iniziato a riprodurre le note di Space Oddity e ci siamo trovati difronte ad un video con immagini della luna: avevamo appena lasciato la Terra anche noi e non saremmo tornati almeno per i 60 minuti successivi. Abbiamo visitato stanza dopo stanza, viaggiando per più di quattro decenni, attraverso le tracce artistiche lasciate indelebilmente nella storia da Bowie.

Uno dei punti di forza della mostra erano sicuramente gli abiti di scena di David Bowie, una selezione ricchissima: dai costumi di Ziggy Stardust e Aladdin Sane (non so quanto sono rimasta ad ammirare il mantello bianco creato da Yamamoto!), ai completi sobri del Duca Bianco, il cappotto con Union Jack del tour di Earthling e c'erano persino i due pupazzi del video "Where are we now?".
Una delle mie canzoni preferite di questo artista è "Life on Mars?" e ne amo anche il video, un vero esempio del tutto nell'essenzialità. L'abito indossato in questo clip era esposto a fianco di un monitor su cui era riprodotto il video stesso: continuavo ad spostare lo sguardo dal vestito allo schermo e viceversa, mi sembrava che fosse uscito magicamente dalle immagini, in un viaggio spazio-temporale.
Un altro momento da pelle d'oca è stato quando abbiamo raggiunto una stanza molto ampia e con muri alti, l'interno era piuttosto buio. E' partito il video di "Rock 'n' Roll Suicide", il live all'Hammersmith Odeon del 1973. Era proiettato su tutte e quattro le pareti e, a seconda del variare dell'illuminazione, si potevano vedere o le immagini del concerto o le celle nelle pareti, contenenti dei manichini che indossavano abiti di Bowie: era come se apparisse all'improvviso. Noi spettatori eravamo nel mezzo, chi seduto, chi in piedi, ma tutti con il naso all'insù a guardare e a canticchiare il brano. L'idea, forse, era quella di rimanere lì ad oltranza.

Molti altri erano i cimeli provenienti direttamente dall'archivio di Bowie: alcuni strumenti musicali (il suo sax e la sua chitarra!), oggetti tratti dal set dei film più famosi (un mio ricordo d'infanzia: la sfera di cristallo di Jareth in Labyrinth!), video interviste di diverse epoche e tanti scritti "storici" (lo scambio epistolare - lettere firmate e scritte a mano- tra Bowie e Marlene Dietrich!).

L'ultima parte dell'esposizione era dedicata agli anni berlinesi di David Bowie. Dato il mio amore per Berlino e il fatto che la mostra stesse facendo tappa proprio in questa città, tale sezione ha assunto per me connotati ancora più forti. Erano presenti documenti e immagini tratte dalla vita quotidiana di Bowie e Iggy Pop, negli Hansa Studios e per le vie di Berlino, tra il 1976 e il 1978.

Spostandosi verso gli anni '80, venivano proiettate scene del film Christiane F. - Noi, ragazzi dello Zoo di Berlino (e nelle nostre cuffiette risuonava Helden, la versione in tedesco di Heroes, brividi.

Ma è stato proprio alla fine, poco prima di uscire, che mi sono un po' commossa: l'ultimo schermo riproduceva uno speciale sul concerto tenuto nel 1987 a Platz der Republik, a Berlino. La location era nella parte ovest della città, poco distante dal confine. Il concerto era udibile anche da Berlino est, dove la gente cercava di avvicinarsi al Muro, per poter essere più partecipe del momento. La polizia cercava di tenerli lontani, quella notte ci sono stati diversi scontri. Bowie era consapevole di quella parte del suo pubblico che non avrebbe potuto raggiungerlo fisicamente sotto il palco e ha concluso il concerto salutando tutti gli amici dall'altra parte del Muro.
Per me è stata una sensazione forte, un mix di "amore artistico e geografico" e partecipazione storica. Uscire, poco dopo, con addosso ancora il trasporto di queste ultime immagini e rendersi conto (alle mostre ci si estranea sempre un po') di essere a Berlino, era come sentirla sulla pelle.

Se avete la possibilità (e se avete interesse nella tematica, ovviamente), vi consiglio di andare a vedere "David Bowie is", è davvero ricca ed emozionante.

Vi lascio il link con l'elenco delle locations e delle date già confermate:

Ciaoooooooooooooooo

Mary

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David Bowie is exhibition was first open to the public in London on 23rd March 2013, at Victoria & Albert Museum. It is a retrospective of the life and career of the artist, from the beginning till nowadays.

I am a huge Bowie's fan, I would have liked so much to see the expo, but I did not have the chance to go to London in that period (it closed in August of the same year).

In spring 2014 it was announced that David Bowie is would have reached Berlin, to stay there until August 10th. Thanks to an unexpected extention to August 24th, I could visit it too!

Let me tell you my impressions.

We arrived at the Martin-Gropius-Bau, building which hosted the event, in a afternoon of mid August. There were about fifty people queuing at the entrance, fortunately we had bought our tickets on line. We have been provided with an audio guide and Bose headphones (Bose was also one of the sponsor of the exhibition) and we began our itinerary, which started from Bowie's childhood.

The first two rooms introduced London's social background in the 40s - 50s, the early years of the artist, his inspirations, the first bands, the choice of his stage name, in short: the path which led David Robert Jones to David Bowie.

Entering a third room, our audio guide started to play the notes of Space Oddity, we were in front of a monitor displaying a video with images of the moon: we had just left the Earth too and we would not have come back, at least for the following sixty minutes. We visited room after room, travelling across four decades through the artistic footprints indelibly left in history by Bowie.

One of the strongest point of the exhibition were surely David Bowie's stage clothes, a very reach selection: from Ziggy Stardust's bodysuits and Aladdin Sane clothing (I don't know how long I stood there admiring the white Cloak designed by Yamamoto!), to the sober suits of the Thin White Duke, moreover the Union Jack Coat of Earthling's tour and also the puppets from the video clip of "Where are we now?".
One of my favourite songs by this musician is "Life on Mars?" and I love the video too: it is a true example of "all in the essential". The suit worn by Bowie in this clip was exposed next to a monitor in which the video itself was running: I stared from the video to the suit and  backwards over and over again, it seemed to me like it had magically come out from those images, in a space-time journey.

Life on Mars?

Another highly emotional moment was reached when we entered a wide room, with almost no light inside. "Rock 'n' roll Suicide" video started to run, the one taken from Hammersmith Odeon concert in 1973: it was projected on all the four high walls and, according to light variation, we could see either the concert images or some cells in the wall, where mannequins wearing Bowie's clothes were standing. It was like he himself had suddenly appeared. We, audience, stood in the middle, some sat, some standing, but all looking above and singing the song along. I think none of us intended to move from there as long as it had lasted, even all night long if necessary.

There were many more special items, coming directly from Bowie's archive: some music instruments (his saxophone and his guitar!), objects from his best known movies (a personal childhood memory of mine: the crystal ball from Labyrinth!), video interviews from different periods and many "historical" written documents (the letter-exchange -handwritten and signed- between Marlene Dietrich and him!).

The last part of the exhibition was devoted to the Berlin years of David Bowie. Given my deep love for Berlin and the fact that the expo was taking place in this city at the moment, this section was strongly significant and dear to me. There were several documents and photos from Bowie's and Iggy Pop's everyday life , in the Hansa Studios and in the streets of Berlin, between 1976 and 1978.

Moving towards the 80s, we could see some scenes of the  movie Christiane F. - We Children from Bahnhof Zoo (in our headphones was playing Helden, the German version of Heroes. Shivers.).

However, it was at the very end, just before leaving the exhibition, that I was touched the most: the last screen was showing a documentary about the concert which was held in 1987 at Platz der Republik, in Berlin. The location was in the former western sector of the city, not far away from the border. The concert could be heard also in the eastern sector of Berlin and people tried to get the nearest possible to the Wall, to hear better and to somehow take part to the moment. Police tried to keep them back. There have been many fights that night. Bowie was aware of that part of his audience, who would have never been able to reach him phisically under the stage and he finished his concert greeting all friends at the other side of the Wall.

I felt a strong sensation, a mix of "artistic and geographic love" and historical involvement. Going out, short afterwards, still being moved by the last images and realizing (I am always distracted from reality at exhibitions) to be Berlin, it was like feeling it on my skin.

If you have the chance, and obviously if you are interested in the topic, I strongly suggest that you visit "David Bowie is", it is really rich and exciting.

I link you here all locations and dates already confirmed: SAVE THE DATE!

See you soon!

Mary

mercoledì 3 settembre 2014

Ritorno al K17

(English text follows)


Al K17 sono stata per la prima volta nell’estate del 2003: primo viaggio a Berlino, inizio della mia “svolta dark”.


All’epoca non ero ancora molto informata su come muovermi nei vari parties in città, ricordo che io e l’inseparabile amica che era partita con me cercavamo le serate di nostro interesse sulla rivista Zitty, poiché del “Das Schwarze Buch” non avevamo mai neppure sentito parlare



Un gentile, ma poco aggiornato, informatore, ci aveva detto che il locale si trovava nella Kadiner Strasse, al numero 17. Brutta sorpresa è stata trovare l’edificio chiuso, neppure una luce accesa ad incoraggiarci a cercare un altro ingresso, neanche un anima per strada. E’ qui la festa??? Mi sa di no.


Non è stato facilissimo trovare qualcuno che potesse chiarirci le idee ma, alla fine, abbiamo trovato anche l’informatore aggiornato: il K17 si era spostato, nella Pettenkofer Strasse n. 17. Da quel momento per me è iniziata una serie lunghissima di serate trascorse in quel locale, anno dopo anno, vacanza dopo vacanza, con persone diverse.



Al K17 si andava di martedì e giovedì, perché il lunedì c’era il party “Montag im Duncker” (e c’è ancora, per fortuna!), il mercoledì “Sentimentale Jugend” all’Halford (purtroppo questa serata, invece, riposa in pace da poco meno di un decennio), il venerdì era dedicato al Kato (ha riaperto con un altro nome, cosa fanno?) e il sabato c’era troppo metal per i nostri gusti.

La preparazione prima di uscire avrebbe potuto dar vita ad un nuovo programma televisivo, “Pimp my dark”, perché tanto non si correva mai il rischio di essere eccessivi rispetto agli altri frequentatori, si esprimeva la propria creatività, si sperimentava sul proprio look e a me piaceva!
Un volta arrivati al club, si facevano incontri di ogni tipo: ragazze che sembravano modelle gotiche (e magari lo erano davvero), ragazzi altissimi che indossavano gonne molto più lunghe delle nostre, personaggi con outfit e trucco elaboratissimi (raffinati e non) e poi gli italiani, quelli che come me erano lì in vacanza, ma che facevano i fenomeni, senza accorgersi che nessuno li notava. Si, perché il mood che avvertivo io era quello: nessuno ti giudicava, ma nessuno ti notava, però tutti ti rispettavano. Poteva esistere una combinazione migliore? Chissà se tutti la percepivamo così?



Le cose nel tempo sono un po’ cambiate, le serate del martedì e del giovedì hanno avuto cadenza oscillante, il sabato offriva solo un po' di dark music e l'età media degli avventori si era notevolmente abbassata. Poi, qualche anno fa, la gestione del locale sembrava aver preso una direzione differente, nell’elenco delle serate iniziavano a comparire parties r’n’b, feste di fine anno scolastico, musica più “colorata”, fino a far diradare gli eventi dark. Non è che ci sia qualcosa di male ad ascoltare r’n’b’ o generi simili, ma semplicemente non era ciò che mi interessava e, tra il 2010 e il 2011, ho smesso di frequentare le serate danzanti del K17, ovviamente a malincuore, dato che era il locale che un po’ aveva “visto” le fasi della mia crescita.



L’offerta di concerti, però, non era cambiata: moltissimi artisti della scena dark continuavano ad esibirsi live al K17 e quante volte ho preso un aereo dall’Italia per andare a sentire i miei gruppi preferiti (Blutengel e Solar Fake tra tutti)! Rimanevo comunque sempre solo nell’edificio dedicato ai live.
Fino al 2014.
Lo scorso agosto ero nuovamente a Berlino, sbirciando nel Das Schwarze Buch, ho intravisto una serata possibilmente interessante: FRIDAY CLUB: 80s + 90s, Rock, Metal, Gothic, andiamo? Andiamo!
Non me ne sono pentita. Il club era di nuovo pieno di gente, le tre sale avevano ripreso quasi del tutto l’identità originaria: dark wave e post punk al primo piano, musica anni ’90 (e vabbè!) e anni ’80 al secondo piano e metal al terzo. Era una sensazione piacevole essere nuovamente lì a ballare o anche solo stare seduti nel Biergarten all’ingresso (ma hanno creato anche un nuovo cortiletto interno!), tra un darkettone e l’altro, a bere qualcosa o mangiare un panino cucinato sul momento, guardare il cielo e, per un attimo, pensare che quella sia l’unica realtà, senza tempo.
Spero che tutto rimanga com’è, ad aspettarmi per la prossima tappa a Berlino!

Auf wiedersehen K17, tornerò!









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I have been in K17 for the first time in summer 2003: my first trip to Berlin, the beginning of my “dark era”.
At the time I still did not know very well how to look for parties in the city. I remember that my closest friend (who was on holiday with me) and I used to check parties in the magazine Zitty, as we did not know about the existence of Das Schwarze Buch.



A kind guy, though not a well informed one, told us that the club was at number 17 of Kadiner Strasse. What a bad surprise we had when we were face to face to a closed door, a building with no lights which could invite us to look for a  second entrance, not a single person around. Is party here??? I don’t think so.
It had not been very easy to find someone who could give us more reliable information but, in the end, we met somebody who was a bit more up-to-date with was going on in Berlin’s night life: K17 had moved in Pettenkofer Strasse n. 17. From that moment on I spent so many nights in this club, year after year, holiday after holiday, with several people.



We used to go to K17 on Tuesday and on Thursday, because on Monday there was (and fortunately there’s still!) “Montag im Duncker” party, on Wednesday “Sentimentale Jugend” party in Halford (this party was cancelled a little less than ten years ago), Friday was devoted to Kato (it was recently opened with another name, what's up down there?) and Saturday was too much metal-oriented for our taste.



If someone had filmed us while preparing before a night out, a new TV show could have been broadcasted: “Pimp my dark”! Because we knew that there was no risk of being over-the-top, compared to the other party attenders: we expressed our creativity, experimented on our look and I loved it!
Once arrived at the club, we saw people of every kind: girls who looked like gothic models (and maybe they were actually), very tall guys wearing skirts much longer than ours, eccentric characters with very complicated outfits and make up (some well done, some not) and furthermore Italians, who were in Berlin on holiday like me, but played the V.I.P.s, not realizing that no one noticed them. This was the atmosphere I felt: nobody judged you and nobody noticed you, but everybody respected you. Could a better combination exist? I wonder if we all shared this mind.



Year by year things changed a bit, Tuesday’s and Thursday’s parties did not happen regularly any longer, Saturday offered only a little dark music and the avarage age of the customers lowered. Eventually, some years ago, the club management took another direction: in the list of parties started to appear some r’n’b’ nights, end of school parties and “colorful music” in general, so that dark parties became quite rare. I mean, there’s nothing wrong in listening to r’n’b’ and stuff like that, it was simply not what I was interested in. The result was that around 2010-2011 I stopped attending K17’s dancing parties. I was a little disappointed, of course, because this club “witnessed” my growing-up (mmm…or better my “getting old”?) since my early twenties.



However, concerts continued to take place normally in K17: artists belonging to the dark scene performed there, as they had always done. I have often taken flights from Italy to reach the German capital city and see my favourite bands (Blutengel and Solar Fake among all), but I only hung in the live performances building of the club.
Until 2014.
Last August I was in Berlin again. Checking Das Schwarze Buch I picked up a party who seemed interesting: FRIDAY CLUB: 80s + 90s, Rock, Metal, Gothic, let’s go? Let’s go!
I’m glad I went. The club was once more full of people, the three dance floors showed again their former identity: dark wave and post punk music on the first floor, ‘90s (ok, ok…) and ‘80s music on the second floor and metal music on the third floor. It felt good to be back there dancing, or even just sitting at the Biergarten at the entrance (they created a further open air space in the inner part!), among other gruftis, drinking or eating a freshly made sandwich, watching the sky and, for a moment, thinking that this is the only reality, timeless.

I hope that everything stays as it is, waiting for my next journey to Berlin!

Auf wiedersehen K17, I’ll come back!